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Recensione: “Premonition” di Mennan Yapo

Recensione: “Premonition” di Mennan Yapo

Per Linda, un giovedì qualsiasi segna l’inizio di un incubo. La polizia bussa alla sua porta e le comunica la morte del marito in un incidente stradale, ma la mattina successiva si risveglia trovandolo vivo accanto a sé. Le giornate si susseguono, e Linda è sempre più vicina alla follia…

PremonitionLinda Quinn Hanson ha una bellissima casa, un marito affascinante e due figlie adorabili. La sua vita di casalinga statunitense è perfetta, anche se un po’ di routine, fino al giorno in cui suona alla sua porta un poliziotto per darle la terribile notizia della morte del marito in un incidente stradale. Dopo i primi attimi di sgomento, Linda comincia ad organizzarsi, l’aiuta la madre che rimane accanto a lei e alle figlie tutto il giorno. Quando la mattina dopo Linda si sveglia, scopre che il marito è ancora vivo. Si convince inizialmente di aver avuto un incubo – anche se così reale – e va avanti, ma piccoli dettagli iniziano a farla riflettere: gesti, frasi, situazioni che sembra aver già vissuto. A completare il senso di smarrimento il fatto che, il giorno successivo, al risveglio, Jim è nuovamente morto. Ogni giorno sarà sempre peggio, perché la protagonista dovrà addormentarsi e risvegliarsi ogni volta per scoprire se suo marito è morto di nuovo, oppure ancora vivo. Si tratta di vere premonizioni o di semplici incubi? È realtà o fantasia? Linda si sta soltanto immaginando gli eventi? Qualcuno sta cercando di farla passare per pazza? La disperata ricerca della verità porterà Linda ad una gara contro il tempo che condurrà alla più inattesa delle risposte.

Premonition è un thriller basato sulla vita di tutti i giorni che si snoda intorno ad un’idea di fondo molto semplice: come ci comporteremmo se perdessimo il marito (o la moglie) e scoprire poi che il giorno seguente potrebbe invece essere vivo? Nonostante il tema delle premonizioni sia un po’ inflazionato, la storia riesce bene: è sì un po’ confusa ma sicuramente molto intrigante. L’intreccio parte un po’ a rilento, ci si domanda inizialmente perché il film non scorra, ma bisogna osservare prima di tutto la quotidianità di certi gesti per concentrarsi poi sulle emozioni dei personaggi. Nella parte centrale della pellicola, infatti, la storia incalza con un buon ritmo e lo spettatore inizia presto a provare lo stesso stato di ansia dei protagonisti. Il problema con questo genere di pellicole, basate sugli sbalzi temporali, è che la sceneggiatura deve essere perfettamente congegnata e non finire per confonderci come invece accade talvolta in questo film. Tant’è che siamo profondamente grati alla stessa Linda quando, vittima della nostra stessa confusione, in una scena prende un foglio e traccia una griglia con i giorni della settimana e gli avvenimenti suddivisi giorno per giorno, per farsi e farci un po’ di ordine.

Senza abusare del soprannaturale e senza puntare troppo sul misticismo, la trama riesce anche nell’intento di mescolare dramma e suspense, conquistando lo spavento del pubblico senza ricorrere alle violenze e al sangue tipici dei thriller. La morte, vera protagonista del film, durante lo sviluppo della trama attraversa tutte le scene in punta di piedi, senza mai farsi vedere e provocando nello spettatore quel mirato senso di disorientamento sostenuto poi per tutta la durata della storia. Il buon esito della pellicola, infatti, è legato a quell’aspetto psicologico che riesce a tenere costantemente sulle spine lo spettatore nell’attesa di scoprire ancora qualcosa, incerto, proprio come la protagonista, su dove sia il confine tra immaginazione e realtà.

Fortemente voluto dalla produzione, il regista tedesco di origine turca Mennan Yapo, al suo esordio oltreoceano, si dimostra sicuramente all’altezza delle aspettative. La sua messinscena, mai fine a se stessa e prima fonte di interesse, riesce a tenere viva l’attenzione della sala più della storia in sé. A lui il merito di un lavoro che non si avvale di effetti speciali ed elementi convenzionali. Dimostra sicurezza nel gestire gli attori, il gioco stilistico, il tono e rivela la giusta inclinazione sia per la realtà che per il surreale.

Ben scritta, tutto sommato, la sceneggiatura di Bill Kelly: lo spettatore è continuamente in balia delle sue scelte e si crea continui interrogativi. È vero che i dialoghi concedono spazio alla retorica, che sono anche un po’ convenzionali – per esempio quando Linda va a confidarsi con il prete – ma, essendo bilanciati con attenzione, la gente si commuove. Altro buon dato tecnico riguarda la fotografia: Torsten Lippstock crea immagini perfettamente in linea allo stato psicologico della protagonista.

La Bullock protagonista assoluta – alle prese con il confusionario compito di recitare thriller e dramma insieme e ben calata nella parte della casalinga alle prese con il paranormale – riesce a trasmettere perfettamente la complessità del suo personaggio e a tratteggiare con disinvoltura i suoi caratteri, lasciandosi andare a quella misurata drammaticità che coinvolge lo spettatore e gli consente di identificarsi in Linda. Di fronte a lei, la recitazione degli altri attori rimane inevitabilmente in ombra, come nel caso del marito McMahon, il Victor Von Doom de I Fantastici 4, incapace di rendere brillante il suo personaggio e di distaccarsi dal suo punto forza, il fascino, a favore del talento. Il risultato finale è comunque quello di un prodotto completo e ben confezionato, adatto a qualsiasi tipo di pubblico e in grado di tenerlo sulle spine fino alla fine per scoprire quale sia la sorte: realtà o fantasia? Morire o sopravvivere?.

 

Titolo: Premonition (Id.)
Regia: Mennan Yapo
Sceneggiatura: Bill Kelly
Fotografia: Torsten Lippstock
Interpreti: Sandra Bullock, Julian McMahon, Nia Long, Amber Valletta, Shyann McClure, Marcus Lyle Brown, Jason Douglas, Kate Nelligan, Peter Stormare, Courtney Taylor Burness, Marc Macaulay, Jude Ciccolella, E.J. Stapleton, Mark Famiglietti
Nazionalità: USA, 2007
Durata: 1h. 50′

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